Proverbi

I Proverbi del Cacio: 20 detti molisani sul cibo

Cià uagliù! Ultimamente ci è stata tolta la possibilità di incontrarci, di abbracciarci, di condividere e, cosa più importante, di ammazzare il maiale (zizì Ndonjie non si è ancora ripreso).

Ma noi vogliamo rimanere vicini con quello che abbiamo: per questo qualche settimana fa vi abbiamo chiesto su Instagram di condividere con noi i vostri proverbi molisani del cuore. Ce ne avete segnalati così tanti che è nata una nuova rubrica: “I Proverbi del Cacio”.

E per onorare zizì Ndonjie che si alza ogni mattina invocando quill puorc, iniziamo proprio dall’argomento che più ci piace. Ecco 20 proverbi molisani sul cibo tradotti e spiegati!

  1. U mèglië péscë è sèmbë u puorchë
    Il pesce più buono è sempre il maiale. Non c’è cosa più buona della carne di maiale, è un proverbio diffuso in tutto il Molise continentale per affermare l’abbondanza culinaria della cucina contadina rispetto a quella di mare.
  2. Quannë të spuosë sta buon nu juorn, quann accirë u puorc sta buon n’annë
    Quando ti sposi stai bene un giorno, quando ammazzi il maiale stai bene un anno. La felicità del matrimonio dura poco e costa tanto, quella portata dalla tradizione di ammazzare il maiale sazia tutta la famiglia per un anno intero.
  3. Lë vacchë puzzën ma ru cascë è bonë
    Nonostante le mucche puzzino, il formaggio che producono è buono. Anche ciò che nasce da chi non ci piace può essere più buono di quel che si pensa.
  4. A tiémpë ‘e carastija, panë dë veccia!
    In tempo di carestia, pane di veccia. In tempi difficili bisogna accontentarsi e godere di ciò che si ha, come il pane che contiene oltre al grano la “veccia”, un’erba che di solito viene scartata durante il raccolto.
  5. La meglië nzogna zë la pijia la tiella
    La sugna più buona rimane nella pentola. Le cose più buone, soprattutto da mangiare, spesso rimangono sul fondo e se le prende chi ha lavorato di più.
  6. Cë vuonnë lë favë ca croccanë, no lë cunfiéttë ca zë squagliënë!
    Ci vogliono le fave che durano, non i confetti che si sciolgono. Si usa per dire che i fatti contano di più delle parole.
  7. 10 lirë na petaccë, cë magnë, cë bivë e cë lavë la faccia
    Con una fetta da 10 lire ci mangi, ci bevi e ci lavi la faccia. Riferito al melone: costa poco e puoi mangiarlo, ti disseta e allo stesso tempo ti lava la faccia. Spesso risparmiando si può guadagnare più di quanto si pensa.
  8. Chi vevë da sulë z’ ntorza e chi magnë da sulë z’affochë!
    Chi beve da solo si strozza, chi mangia da solo soffoca. Si usa verso le persone solitarie per invitarle a condividere in compagnia ciò che mangiano e bevono.
  9. Chi zë cocë k la m’nestra soscia purë ‘ngoppa a la ‘nzalata
    Chi si scotta mangiando la minestra soffia anche sull’insalata. Quando si rimane toccati da un evento si cerca di porre rimedio al futuro, anche quando non ha senso farlo.
  10. Tra tutt’i legumë, u meglij è u fegatiellë
    Tra tutti i legumi il migliore è il fegatino. Commento sarcastico per celebrare la carne.
  11. L’acqua è vulluta ma la pasta n’è sciuta
    L’acqua ha bollito ma la pasta non è uscita. Si usa quando succede qualcosa ma è ancora presto per godere.
  12. Lë ‘uàië dë la pignata lë sa la cucchiara!
    I guai della pentola li conosce la cucchiarella. Ognuno conosce bene e a fondo solo i problemi di casa propria, proprio come la cucchiarella è l’unica che sa cosa succede dentro la pignatta.
  13. K të pinzë, che u marë è comm a vrachetta k mitt a manë e pij u pescë?
    Cosa pensi, che il mare è come la patta dei pantaloni che metti la mano e prendi il pesce? Letteralmente si usa quando si va a pesca, in senso figurato significa che per ottenere risultati bisogna essere pazienti e perseveranti.
  14. S’ n’ jè zuppa è panë abbagnatë
    Se non è zuppa è pan bagnato. Se la risposta corretta non è la prima, deve per forza essere la seconda.
  15. Ancorë nn’assaggë la farina, già dicë ch’è mulënarë!
    Non hai ancora assaggiato la farina, dici già di essere molinaro. Chi fa qualcosa per la prima volta, o prima di averla mai fatta, si spaccia già per un esperto.
  16. Dici k vulivë la uliva ma së në vulivë la uliva k vulivë?
    Dicevi che volevi le olive, ma se non volevi le olive che volevi? Scioglilingua molisano.
  17. Chi magnë cumm’é nu maialë, nën campë fin’a Natalë!
    Chi mangia come un maiale, non campa fino a Natale. Chi mangia troppo e male potrebbe non vivere a lungo.
  18. Chi fatja magnë, e chi no, magnë e vévë!
    Chi lavora mangia e chi non lavora mangia e beve. Quelli che lavorano vivono bene ma spesso i nullafacenti vivono ancora meglio, perché lo fanno sulle spalle degli altri.
  19. La pècura pë fa “‘mbè” përdèttë u muccëchë.
    La pecora per fare “mbè” perse il boccone. Chi parla troppo perde un’occasione.
  20. Quannë zë magna zë cummattë kë la mortë!
    Quando si mangia si combatte con la morte! Come sopra, meglio parlare poco che rischiare la pelle.

Ringraziamo tutti i seguaci che hanno contribuito e Ugo D’Ugo e Italo Cosco che nel loro libro “Il Molisano Saggio” hanno raccolto più di 2000 proverbi del Molise.
Ma non finisce qui: di cosa parleranno i prossimi Proverbi molisani del Cacio? Continuate a seguirci perché presto ve ne chiederemo altri sul nostro profilo Instagram!

5 thoughts on “I Proverbi del Cacio: 20 detti molisani sul cibo

  1. Michele Passarelli ha detto:

    Citando un verso di un poeta Jelsese
    (Chi ié cchiû parce tu o quiglie éppise?)

  2. Pierluigi D'Ugo ha detto:

    Ho letto, riso e mi veniva in mente mio padre, con nostalgia visto che non vedo da agosto scorso a causa della pandemia… Leggo Fino in fondo e scopro che sono proprio tratti dal suo libro, da mio padre Ugo D’Ugo. Ho condiviso con lui questo post e vi ringrazia per aver pubblicato e menzionato con correttezza le citazioni. Molisani si nasce ed io, modestamente, lo nacqui. Ciao uagliu’

  3. Francesca Scarabeo ha detto:

    Divertentissimo

  4. Rosa ha detto:

    Benissimo! Senza la lettera k, sarebbe meglio, grazie.

  5. Pietro ha detto:

    Buongiorno,
    Conoscevo questi proverbi e mi ha fatto molto piacere leggerli nuovamente.
    Vorrei segnalare un libro molto esaustivo su questi argomenti, anche se i modi di dire e i proverbi sono in stragrande maggioranza di origine riccese.
    L’ opera e dell’autore Pasquale Mancino, prematuramente scomparso proprio 3 giorni fa. “A Riccie parlam accusci'” è il titolo.
    Cordialmente
    Pietro Riccitelli

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